Giravolta della Corte di Giustizia UE su privacy e dati telefonici: i reati non gravi giustificano accesso alle Autorità.

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I reati che non sono particolarmente gravi possono giustificare un accesso ai dati personali conservati dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica quando tale accesso non comporta una limitazione grave della vita privata.

E’ quando affermato dalla Corte di Giustizia UE interrogata in merito da una Corte d’appello spagnola.

la sentenza sembra smentire in parte quanto già affermato dalla stessa Corte in precedenti sentenze.

La Corte ricorda che l’accesso delle autorità pubbliche ai dati personali conservati dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica, nel contesto della fase istruttoria di un procedimento penale, rientra nell’ambito di applicazione della Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche)

Inoltre, l’accesso ai dati che mirano all’identificazione dei titolari di carte SIM attivate con un  telefono cellulare rubato, come il cognome, il nome e, se del caso, l’indirizzo di tali titolari, comporta un’ingerenza nei diritti fondamentali di questi ultimi, sanciti nella Carta.

Tuttavia, essa dichiara che tale ingerenza non presenta una gravità tale da dover limitare il suddetto accesso, in materia di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, alla lotta contro la criminalità grave.

La Corte segnala che l’accesso delle autorità pubbliche ai dati personali conservati dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica costituisce un’ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati, sanciti nella Carta, persino in mancanza di circostanze che permettano di qualificare tale ingerenza come «grave» e senza che rilevi il fatto che le informazioni in questione relative alla vita privata siano o meno delicate o che gli interessati abbiano o meno subito eventuali inconvenienti in seguito a tale ingerenza.

La direttiva elenca tuttavia gli obiettivi idonei a giustificare una normativa nazionale che disciplini l’accesso delle autorità pubbliche a questi dati e che deroghi pertanto al principio della riservatezza delle comunicazioni elettroniche.

Questo elenco ha carattere tassativo, di modo che tale accesso deve rispondere in modo effettivo e rigoroso ad uno di questi obiettivi. La Corte osserva a tal proposito che, per quanto riguarda l’obiettivo di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, la formulazione della direttiva non limita tale obiettivo alla lotta contro i soli reati gravi, ma si riferisce ai «reati» in generale.

Nella sua sentenza Tele2 Sverige 2 , la Corte ha affermato che soltanto la lotta contro la criminalità grave è idonea a giustificare un accesso delle autorità pubbliche a dati personali conservati dai fornitori di servizi di comunicazione che, considerati nel loro insieme, consentano di trarre conclusioni precise sulla vita privata delle persone i cui dati sono oggetto di attenzione. Tale interpretazione era tuttavia motivata dal fatto che l’obiettivo perseguito da una normativa che disciplina tale accesso deve essere adeguato alla gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali in questione che tale operazione determina.

In conformità al principio di proporzionalità, infatti, una grave ingerenza può essere giustificata, in tale ambito, solo da un obiettivo di lotta contro la criminalità che deve essere qualificata come «grave». Al contrario, qualora l’ingerenza non sia grave, detto accesso può essere giustificato da un obiettivo di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di un «reato» in generale. La Corte sostiene che l’accesso ai soli dati oggetto della domanda in questione non può essere qualificato come un’ingerenza «grave» nei diritti fondamentali delle persone i cui dati sono oggetto di attenzione, poiché questi dati non permettono di trarre conclusioni precise sulla loro vita privata.

La Corte ne trae la conclusione che l’ingerenza che un accesso a tali dati comporterebbe può quindi essere giustificata dall’obiettivo di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di «reati» in generale, senza che sia necessario che tali reati siano qualificati come «gravi».

@fulviosarzana