L’impresa che utilizza conoscenze commerciali ed industriali della concorrente, per averle apprese da ex dirigenti di quest’ultima, può essere condannata per concorrenza sleale, ma la competenza a decidere della controversia appartiene al tribunale ordinario e non alla sezione specializzata in materia di impresa presso il Tribunale.
Ciò in quanto la fattispecie di illecito utilizzo del Know how aziendale e lo storno di dipendenti è riconducibile ad ipotesi di concorrenza sleale pura, e non alle diverse ipotesi di interferenza con segni distintivi della società concorrente, che radicherebbero la competenza della sezione specializzata.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza dei primi di maggio del 2017.
La Suprema Corte ha stabilito che «costituisce concorrenza sleale, a norma dell’art. 2598, n. 3, cod. civ., l’acquisizione, tramite storno di dipendenti, di notizie riservate di pertinenza di un’impresa concorrente, così da risparmiare sul costo dell’investimento in ricerca ed in esperienza ed alterando significativamente la correttezza della competizione, e ciò a prescindere dall’accertamento dell’eventuale presenza sul mercato di prodotti ottenuti sfruttando tali notizie»; che, pertanto, una tale controversia non ha a che fare con l’interferenza (diretta o indiretta) tra l’illecito concorrenziale ipotizzato (lo storno di dipendenti e lo sviamento e l’appropriazione della clientela) ed i diritti di privativa, onde, a tale proposito, resta fermo l’insegnamento già dato da questa Corte e secondo cui: «in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Ne consegue che la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure “incidenter tantum”, nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza».