Una nuova sentenza delle Sezioni penali della Cassazione interviene in materia di tutela della reputazione sul web.
Chi si ritiene diffamato in rete deve agire prontamente – e comunque entro i tre mesi – perchè altrimenti perde il diritto di proporre la querela.
E questo è quanto più vero in caso di bacheche di Facebook aperte agli amici, anzichè chiuse.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 9 giugno 2021.
La Suprema Corte ha osservato che in tema di diffamazione tramite internet, ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul “web”, atteso che l’interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante la “rete” accedendo alla stessa direttamente o attraverso altri soggetti i quali in tal modo ne siano venuti a conoscenza”.
Al riguardo, giova rammentare che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza della Suprema Corte in tema di diffamazione tramite internet, ai fini della tempestività della querela, occorre considerare che la diffamazione, avente natura di reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e, dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano immesse sul “web”, nel momento in cui il collegamento sia attivato, di guisa che l’interessato, normalmente, ha notizia della immissione in internet del messaggio offensivo o accedendo direttamente ‘in rete’ o mediante altri soggetti che, in tal modo, ne siano venuti a conoscenza. Ne deriva se non la assoluta contestualità tra immissione in rete e cognizione del diffamato, almeno una prossimità temporale di essi, sempre che l’interessato non dia dimostrazione del contrario.
La Corte ha anche statuito che “Ciò posto, sulla base degli atti nella disponibilità cognitiva di questa Corte, il post ritenuto diffamatorio risulta pubblicato il 02/02/2014, mentre la querela risulta proposta il 14/06/2014: in assenza di una motivazione sul punto immune da censure, in quanto, come rilevato, del tutto assertiva e apparente, e di una dimostrazione attendibile, da parte della querelante, della effettiva conoscenza del post in epoca molto successiva a quella della pubblicazione, tenuto conto delle modalità di funzionamento del soda! network Facebook – sia con riferimento alla fruizione immediata dei messaggi pubblicati, sia con riferimento alla impossibilità di leggere post pubblicati da utenti ‘bloccati’ o non ‘amici’ -, va dunque ribadito che, ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul “web”.
La conseguenza della tardività della querela in materia di tutela della reputazione sul web è l’annullamento della sentenza della Corte d’appello con rinvio.