Open data.
Una parola che da sola riassume l’esigenza di rendere trasparenti le scelte dei decisori pubblici e la necessità di monitorare il comportamento delle Amministrazioni.
Un esempio di ciò che si potrebbe ottenere utilizzando estensivamente gli open data nella gestione degli enti territoriali italiani è contenuto nelle informazioni apparentemente molto tecniche delle banche dati relative al bilancio del Comune di Roma.
A suggerire una radicale modifica dell’utilizzo delle banche dati a supporto della trasparenza è, fra le altre, la Vicepresidente della Commissione bilancio del Comune di Roma, la pentastellata Monica Montella, che in un post sul suo blog personale ha recentemente mostrato, con tanto di grafici a supporto, quale potrebbe essere lo scenario decisorio qualora si utilizzassero in maniera coordinata i dati estratti dalle banche dati relative al bilancio previsionale e consultivo del Comune di Roma.
Secondo Montella analizzando i dati di bilancio attuali (preventivo), di impegno e quelli effettivamente deliberati sarebbe possibile incrociare le informazioni oggi di titolarità di pochi funzionari che ne hanno accesso in base al decreto legislativo 23 giugno 2011 n. 118, con i corrispondenti mandati di pagamento dell’impegno di spesa classificati per posizione finanziaria armonizzata.
Questi collegamenti di dati permetterebbero un efficace e tempestivo monitoraggio della spesa comunale, per destinazione del creditore beneficiario, che poi rappresenta il soggetto erogatore del servizio pubblico per conto del Comune.
Montella parte dal settore sensibile per eccellenza quello dei centri per accoglienza migranti che hanno fatto in tempi recenti da detonatore al fenomeno del malaffare nella Capitale, per dimostrare come i dati raccolti nelle banche dati citate in precedenza incrociate tra loro avrebbero potuto evidenziare eventuali anomalie nell’assegnazione degli appalti a Roma e o nella fase esecutiva degli stessi affidamenti.
In ogni caso l’incrocio tra gli impegni previsionali rispetto ai mandati di pagamento in una ottica armonizzata avrebbero potuto condurre l’Amministrazione ad una attenta verifica della bontà degli impegni di spesa.
Adottando questa analisi dei dati ed incrociando gli elementi soggettivi degli appalti e le spese effettive, emergono vere e proprie sorprese.
Per esempio analizzando attentamente le voci di bilancio emerge che i Centri per l’accoglienza siano per l’80% finanziati dall’Amministrazione centrale dello Stato e per il 20% dai fondi ordinari del bilancio della Capitale finanziato con le tasse dei cittadini romani e contributi vari (quasi 8 milioni di euro).
Poiché la spesa effettiva risulta essere di quasi 40 milioni di euro per garantire l’accoglienza agli immigrati, sarebbe necessario, secondo l’esponente Capitolina, conoscere l’efficacia e l’effettiva prestazione di questi servizi erogati, partendo dal dato iniziale presente nelle informazioni tratte dal bilancio, al fine di verificare la congruità dello stanziamento iniziale con quanto effettivamente deliberato e speso.
Estendendo questa analisi attraverso gli open data a tutti i settori dell’Amministrazione si potrebbe ottenere un consistente risparmio ed una politica sugli appalti più trasparente ed efficiente.
Resta da verificare naturalmente se questi suggerimenti ( non solo nella nostra Capitale) verranno mai accolti.