Le telefonate mute effettuate alla stessa persona, sono comunque un reato, potendo ben integrare il delitto di stalking, se ripetute con una certa frequenza, e, in ogni caso rientrano in quello di molestie ex art. 660 c.p.
E’ quanto deciso dalla quinta sezione della Corte di Cassazione con una sentenza depositata il 28 ottobre 2016, in relazione al processo di un imputato che aveva ripetutamente molestato telefonicamente per 20 mesi una sua conoscente.
L’Imputato era stato oggetto di un provvedimento di non doversi procedere ad opera del GUP, che aveva ritenuto il fatto insussistente.
La sentenza del giudice di merito era stata impugnata dall’avvocato di parte civile.
La Cassazione ha ritenuto che non si potesse integrare il reato di stalking visto l’esiguo numero di chiamate mute effettuato dall’imputato.
Secondo la Suprema Corte però la condotta di chi effettua telefonate mute ripetute nel tempo può integrare il reato di molestie, previsto dall’art 660 del codice penale.
Reato che non era stato valutato dal Giudice dell’Udienza preliminare, probabilmente in quanto le stesse molestie erano state ritenute assorbite nella condotta più grave dello stalking.
Per questo motivo la Cassazione ha annullato la sentenza di merito e rimesso il processo al primo giudice per la corretta qualificazione giuridica del fatto.