Inviare osservazioni critiche a più destinatari di posta elettronica può costare caro agli incauti navigatori.
La Cassazione infatti, in una sentenza di metà gennaio del 2018 – seguendo un proprio orientamento in materia ma contraddicendo quanto già emerso in sede di merito ad opera dei Tribunali di Milano e Chieti-, ha annullato un provvedimento di quest’ultimo Tribunale che aveva ritenuto non potesse configurarsi la diffamazione aggravata nell’invio di mail plurime ad opera dell’imputato.
L’avvocato del ricorrente in Cassazione aveva contestato che l’invio ad una pluralità di destinatari potesse configurare il reato di diffamazione aggravata.
La Corte ha invece ritenuto che l’ipotesi di invio a più destinatari debba rientrare nelle fattispecie di cui al terzo comma dell’articolo 595 del codice penale, che prevede “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.”
C’è una differenza notevole dal punto di vista sanzionatorio rispetto alle ipotesi di diffamazione “semplice” previste dal primo e secondo comma.
La Corte ha statuito che “Deve preliminarmente osservarsi che l’ipotesi di diffamazione per cui è ricorso, nella quale il contenuto ritenuto offensivo è stato propagato attraverso posta elettronica indirizzata ad una pluralità di destinatari, deve correttamente essere qualificata ai sensi dell’ad 595/3 cp per essere aggravata dall’uso di uno strumento di pubblicità, nella fattispecie, di notevolissima capacità diffusiva. Di conseguenza la competenza a conoscere del caso non era del giudice di pace, il quale, ai sensi dell’art 4 della legge istitutiva di questo organo giudiziario, D lgs. 274/2000, è competente solo per casi di diffamazione di cui all’art 595 commi 1 e 2 cp ma, ai sensi dell’art 6 cpp, del Tribunale a titolo di competenza residuale. Il relativo difetto di competenza del giudice inferiore determina, ex art. 178, comma 1, lett. a) e 179, comma 1, cod. proc. pen., una nullità assoluta e, pertanto, insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ivi compreso quello di legittimità.
Alla luce delle considerazioni e dei principi precedenti deve essere rilevata l’incompetenza a decidere del giudice di pace e, pertanto, devono essere annullate senza rinvio entrambe le sentenze di merito e gli atti devono essere trasmessi al PM del Tribunale di Chieti che dovrà procedere all’esercizio dell’azione penale nel rispetto dei suindicati principi.”