Intelligenza artificiale altra condanna di avvocato

Intelligenza artificiale altra condanna di avvocato

*di Fulvio Sarzana di S.Ippolito, avvocato in Roma.

 

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale senza adeguato controllo può costare caro anche nell’ambito dell’attività giudiziaria.

Si susseguono infatti i provvedimenti di diversi Tribunali della penisola che censurano un uso un pò troppo disinvolto dell’intelligenza artificiale nel contesto dell’attività forense.

L’ultimo caso noto è accaduto alla sezione lavoro del  Tribunale di Latina, in una sentenza del 23 settembre 2025, che è possibile reperire sul sito de La nuova Procedura civile commentata.

Il Giudice Valentina Avarello, nel rigettare le istanze del ricorrente, ha ritenuto anche di condannare la parte alla cd lite temeraria, argomentando in tal modo, l’uso di citazioni errate,

tratte, a suo dire dall’uso errato dell’intelligenza artificiale.

Si legge nelle motivazioni del  provvedimento del Tribunale: “Il ricorso giudiziario – così come tutti gli altri centinaia di giudizi patrocinati dal medesimo difensore, tutti redatti a stampone – risulta evidentemente redatto con strumenti di intelligenza artificiale; tanto è evidente non solo dalla gestione del procedimento (deposito di note ex art. 127 ter c.p.c. il giorno successivo al deposito del decreto di fissazione di udienza) ma soprattutto dalla scarsa qualità degli scritti difensivi e dalla totale mancanza di pertinenza o rilevanza degli argomenti utilizzati; l’atto è infatti composto da un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico ed in gran parte inconferenti rispetto al thema decidendum ed, in ogni caso, tutte manifestamente infondate.

In questa situazione, si giustifica una condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c.”

  • Fulvio Sarzana |

    sono d’accordo con lei

  • Claudio Gandini |

    La sostituzione della ricerca giuridica dell’avvocato e del giurista, anche attraverso banche dati e combinazioni di termini su Internet, in modo da verificare l’esistenza di giurisprudenza pubblica, con interrogazioni su sistemi di intelligenza artificiale, integra, a mio parere, un comportamento gravissimo.
    La mia lunghissima esperienza di ricerca su banche dati giuridiche italiane e della Corte di Giustizia, mi ha abituato a un lavoro pesantissimo.
    Spesso non conta solo il principio tratto da una decisione, la massima.
    Si impone una adeguata lettura della sentenza o dell’ordinanza.
    A titolo esemplificativo, in un procedimento in materia di presunta concorrenza sleale, che ho trattato alcuni anni or sono, ho redatto una comparsa di costituzione e di risposta, dove ho citato sessantacinque sentenze della Cassazione.
    Per arrivare a questo obiettivo, ho dovuto selezionare e leggere più di cento pronunce.
    L’atto era blindatissimo.
    Solo per curiosità, ho provato, in tempi recenti, a utilizzare un software di intelligenza artificiale.
    Il risultato è stato l’impossibilità di centrare l’argomento, il richiamo di sentenze molto risalenti nel tempo, l’assoluta inconcludenza dell’esperimento.
    Per quanto l’intelligenza artificiale possa rappresentare un progresso e un aiuto in settori scientifici, a mio parere non può in alcun modo sostituire la delicatezza e pertinenza della ricerca giuridica.
    Avvocato Claudio Gandini

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