Il blocco dei siti per ragioni di copyright vìola la direttiva 31/2000 sul Commercio Elettronico.

ecommerce 2

Il blocco dei siti per ragioni di copyright, attraverso gli ISP, anche se adottato in sede giudiziale, vìola la Direttiva 2000/31, sul Commercio Elettronico. ,  e si deve ritenere non conforme alla Costituzione Ellenica ( Art 5°A della Costituzione).

E’ quanto ha stabilito la Corte distrettuale di Atene nella sentenza 13478/2015.

Alcune Associazioni di tutela del diritto d’autore, che gestiscono i diritti d’autore  ed i diritti connessi nella penisola Ellenica, hanno presentato un’ingiunzione preliminare contro gli Internet Service   Provider (ISP) nel 2014 davanti all’Alta Corte di Atene.

I provider sono stati chiamati a bloccare attraverso i DNS l’accesso ai siti che violerebbero il copyright.

La Corte, nella sentenza 13478/2015, ha  dichiarato  illegittimi questi ordini di blocco, basandosi principalmente  sulla Direttiva 31/2000 sul Commercio Elettronico ( che in Italia è stata recepita con il decreto Legislativo 70 del 2003) .

I punti principali del ragionamento sono i seguenti: la Corte ha ritenuto che vi fosse una violazione dei principi proporzionalità, che impongono ai Giudici di valutare a  prevalenza i diritti costituzionalmente tutelati relativi alla libertà di informazione, la partecipazione alla società dell’informazione, nonché il diritto alla protezione della raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo dei dati  personali e la riservatezza della libertà di  comunicazione, rispetto al diritto d’autore.

E ciò, anche quando il portale sia astrattamente configurabile come “sito pirata”.

La Corte ha  ritenuto che la legge sul diritto d’autore ( la legge 2121/1993) , nonché la direttiva e-commerce 2000/31, e le Disposizioni per la tutela dei dati personali, siano  ostative all’applicazione di un ordine di blocco.

In Grecia peraltro la disciplina sul Commercio Elettronico è pressochè speculare a quanto previsto in Italia  dal Decreto Legislativo 70 del 2003.

E’ stato inoltre considerato che il trasferimento di informazioni attraverso il protocollo specifico di peer¬to¬peer (P2P) ( e la possibilità che vi siano portali in grado di favorire questo scambio), costituisca un servizio  della società dell’informazione, il cui utilizzo è  protetto dalla stessa Direttiva sul Commercio Elettronico.

Inoltre la Corte ha ritenuto che il costo relativo all’ ordine di blocco  per gli ISP   sia da considerarsi sproporzionato, in ragione anche della facilità di modifica dei siti bloccati attraverso IP o DNS.

Il Tribunale Ellenico ha dunque concluso che il blocco dei siti attraverso i provider di accesso fosse in grado di violare anche un ulteriore aspetto del principio di proporzionalità:  quello relativo alla eccessività degli Ordini di blocco, che impongono alle Corti di disporre misure limitate ai soli contenuti illeciti segnalati, e che non si possano dunque estendere a tutti i contenuti dei siti linkati, che potrebbero essere del tutto legittimi.

Inoltre trattandosi di contenuti residenti su siti  di terzi, l’Ordine di blocco andrebbe ad imporre di fatto una misura preventiva  a carico dei provider di accesso.

La Corte di Atene ha dunque concluso per l’illegittimità degli ordini di blocco nei confronti dei provider di accesso  per ragioni di copyright,  in virtù della violazione delle disposizioni Comunitarie previste dalla Direttiva 31/2000.

@fulviosarzana