CASSAZIONE: valide, come prova, le CHAT acquisite senza il sequestro e conservate su server esteri.

CHAT

Attenzione a parlare in chat, perchè tutto ciò che viene detto, anche se conservato all’estero, può essere usato come prova contro voi.

E’ quanto ha stabilito la  Corte Suprema di Cassazione, in una sentenza dei primi di luglio di quest’anno, che,  in tema di prova delle conversazioni avvenute in chat, ha posto un principio destinato a far discutere.

Secondo il Supremo Collegio i contenuti delle chat scambiate tra telefonini  non devono essere acquisite con lo strumento   processuale di cui all’art. 254 bis cod. proc. pen., ovvero  tramite il sequestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni, potendo invece quei dati essere liberamente acquisibili, anche quando gli stessi siano residenti su server esteri, e ciò senza il bisogno nemmeno del ricorso allo strumento della rogatoria internazionale.

Secondo la Cassazione, al fine di acquisire tali conversazioni “Si deve, dunque, ritenere legittima l’attività di intercettazione del traffico telematico cd. “pin to pin”, svolta secondo le modalità di cui all’art. 266 bis cod. proc. pen., relativa a comunicazioni registrate da terminale sito sul territorio italiano, rispetto alle quali la società canadese di gestione del traffico si è limitata a mettere a disposizione il proprio server su cui confluiscono i messaggi delle chat, a loro volta estratti e decriptati, senza alcuna alterazione, dalla società XXX  e convogliati direttamente nei server della Procura. Nella sostanza nessuna violazione di legge appare configurabile nella intercettazione di dati telematici relativi ad utenze mobili registrate sul territorio italiano, come nel caso di specie, trattandosi di situazione tecnicamente equiparabile a quella che, in tema di intercettazioni di conversazioni telefoniche, rimanda alla procedura del c.d. istradamento, consistente nel convogliamento delle chiamate in partenza dall’estero in un nodo situato in Italia (e a maggior ragione di quelle in partenza dall’Italia verso l’estero, delle quali è certo che vengono convogliate a mezzo di gestore sito nel territorio nazionale), che come è noto non comporta la violazione delle norme sulle rogatorie internazionali, in quanto in tal modo tutta l’attività d’intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate viene interamente compiuta nel territorio italiano, mentre è necessario il ricorso all’assistenza giudiziaria all’estero unicamente per gli interventi da compiersi all’estero per l’intercettazione di conversazioni compiute all’estero e captate solo da un gestore straniero.”

I Giudici di piazza Cavour hanno stabilito che  è valida l’acquisizione dei contenuti effettuata attraverso la tecnica del “copia e incolla” delle chat,  in quanto “Trattandosi di un flusso di messaggi telematici, materialmente composti da una serie di valori numerici binari (i c.d. “bit” raggruppati in “bytes”) registrati su supporti magnetici (facilmente riproducibili mediante operazioni di copia e incolla effettuate utilizzando l’apposito software fornito dal sistema operativo)”, ne diviene semplice l’acquisizione, senza particolari accorgimenti tecnici atti a garantire la genuinità ed inalterabilità dei dati.

@fulviosarzana