Come ottenere un risarcimento danni per diffamazione o comunque per lesione dell’onore e reputazione su Facebook?
Per ottenere in giudizio un risarcimento danni derivante da attività diffamatoria su Facebook la persona offesa, che si è costituita parte civile, deve rigorosamente provare il danno subito.
E, il danno, non è, come si suol dire “in re ipsa”, ma deve essere oggetto di allegazione e di prova.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza pubblicata alla fine di agosto del 2017.
Il Supremo Collegio ha ritenuto inammissibile il ricorso di un soggetto che si era ritenuto diffamato da un commento su Facebook e che aveva poi perso il giudizio di appello. vedendosi rigettare anche la richiesta di risarcimento danni.
Il ricorrente nel denunciare la violazione della legge penale in materia di risarcimento dei danni non patrimoniali (art.2059 e 1226 cod.civ.), aveva ritenuto che la prova del danno morale conseguente alla lesione della reputazione potesse essere presuntiva, previa valutazione degli indici di gravità della fattispecie (oggettiva portata diffamatoria; risalto attribuito alla notizia; grado di diffusione; leggibilità a distanza di tempo on line).
La Cassazione, ricordando i precedenti, ha ricordato che “Ancora recentemente la Corte di Cassazione in tema di risarcimento del danno non patrimoniale di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine, ha ribadito che il pregiudizio, non costituendo un mero danno-evento, e cioè in re ipsa , deve essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici.”
Non basta quindi l’oggettiva portata diffamatoria di un contenuto su Facebook, ma occorre provare anche il danno subìto.