Accesso abusivo a sistema informatico e partiti politici

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Il sito che svolge attività politica, nella fattispecie quello   del Garante  del Movimento 5 Stelle, beppegrillo.it – non è di “interesse pubblico”, quindi l’accesso abusivo a sistema informatico previsto dall’art 615 ter del codice penale contestato all’imputato che si è introdotto abusivamente in una banca dati   non fa scattare l’aggravante, che fa aumentare  da 5 a 8 anni le pene detentive previste per il reato base ( che è invece da 1 a 3 anni).

La Suprema Corte di Cassazione in sede penale, in una sentenza di fine giugno del 2021,  ha  precisato, infatti, che l’attività politica per quanto sia di  interesse sociale non ricomprende quell’interesse pubblico del sistema informatico che determinerebbe l’applicazione dell’aggravante prevista dalla norma incriminatrice.

Il Supremo Collegio ha così annullato senza rinvio la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello di Palermo nei confronti dell’imputato che aveva  scaricato l’intera banca dati del sito www.beppegrillo.it di pertinenza del “Movimento 5 Stelle”, «contenente nomi e iscritti al movimento, nonché quelli dei donatori, violando così un sistema protetto da misure di sicurezza.

 Secondo la Corte, nell’ambito dei reati informatici, non  si apprezza dunque la fondatezza dell’interpretazione estensiva nella specie sostenuta dalla Corte territoriale, che vorrebbe fare rientrare nella nozione di “interesse pubblico” anche quello allo “svolgimento dell’attività politica”; né, di conseguenza, ha fondamento la lettura ermeneutica secondo la quale va privilegiata la figura di Beppe Grillo, quale fondatore di un movimento politico di livello nazionale e che utilizza il sito in questione anche quale luogo virtuale di divulgazione delle idee di tale movimento. Del tutto irrilevante è pure la circostanza che vi sia una “relazione qualificata” tra il sito di Grillo e quello del “Movimento 5 Stelle”, giacché — come si è rilevato- un sistema informatico gestito da un partito politico non può definirsi di “interesse pubblico”, in quanto certamente non è destinato a soddisfare quegli interessi di pubblica utilità che giustificano un rafforzamento della tutela penale.
La Cassazione ha quindi ritenuto che la nozione di “interesse pubblico”, adoperata nell’art. 615 ter, comma 3, cod. pen. per giustificare l’aggravamento di pena in ragione della particolare natura del sistema informatico costituente oggetto materiale della condotta, non può essere riferito ad ogni interesse tutelato dalla Costituzione, pure rilevante per la collettività. Nella specie, anche a voler prescindere dalla circostanza, già evidenziata, che il sito cui l’imputato ha fatto abusivamente accesso è utilizzato da un privato cittadino per pubblicizzare le proprie iniziative professionali, etichettare come di “interesse pubblico” ogni sistema informatico a vario titolo riconducibile all’esercizio di un diritto riconosciuto dalla Carta fondamentale — quale quello di associarsi liberamente in partiti politici — condurrebbe ad un irragionevole ampliamento dell’ambito di applicazione della citata aggravante, con esiti che, oltre a risultare contrastanti con il principio di legalità, non appaiono rispettosi del principio di proporzionalità sul piano sanzionatorio.