Cassazione su reati informatici

Cassazione su reati informatici e tutela della privacy.

di Fulvio Sarzana, Studio legale Sarzana e Associati

La Suprema Corte di Cassazione è intervenuta di recente nel delicato tema dei reati informatici e della violazione della privacy, nel contesto di un rapporto di lavoro.

Con una Ordinanza di fine marzo il Supremo Collegio ha confermato l’utilizzabilità delle riprese degli impianti di videosorveglianza installati per finalità di sicurezza a dimostrazione di un inadempimento disciplinare di un dipendente.

I controlli ex art 4 della legge n. 300 del 1970

In altro provvedimento la Corte si è trovata a dover scrutinare  la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 300 del 1970 nonché degli artt. 113, 114 e 160 Codice della privacy D.lgs. n. 196/2003, così come modificato dal D.lgs. n. 101/2018, per l’erronea statuizione, come affermata dalla Corte territoriale, di legittimità dei controlli operati dall’azienda in quanto, in violazione dell’art. 4 dello St. lav., in quanto, a detta del ricorrente, era stata omessa l’adeguata informativa al dipendente sulle modalità di uso degli strumenti di lavoro e di effettuazione dei controlli, nonché per essere stati questi effettuati sugli strumenti di lavoro informativi utilizzati da essa lavoratrice in violazione di principi di minimizzazione, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, di trasparenza e correttezza previsti dal Codice della privacy e dal Regolamento UE n. 679/2016.

In altre parole la Corte si è trovata ad affrontare il tema della ritenuta legittimità dei controlli e delle notizie, asseritamente acquisite senza una adeguata informazione delle modalità di uso degli strumenti di effettuazione dei controlli, prevista dal comma 3 dell’art. 4 della legge n. 300 del 1970

La soluzione della Cassazione sui reati informatici

La Cassazione ha ritenuto che le questioni dedotte sulla violazione dell’art. 4 co. 3 legge n. 300 del 1970, fossero state affrontate correttamente dalla Corte territoriale con argomentazioni conformi ai principi statuiti in sede di legittimità perché effettivamente si verteva in una ipotesi di “fondato sospetto” determinata dal sequestro operato dalla Procura della Repubblica nell’ambito di una indagine per peculato a carico del lavoratore.