La detenzione di software non originali non sempre può essere qualificata come illecito e condurre ad una condanna.
La Cassazione in una sentenza della fine di giugno del 2017 ha annullato, con rinvio, la condanna nei confronti di un soggetto accusato di aver detenuto 82 software abusivamente duplicati.
La Cassazione ha ritenuto che “L’art. 171-ter, comma 2, lett. a) della legge n. 633 del 1941 punisce, per quanto qui rileva, colui il quale “riproduce” o “duplica” oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi. Ai fini della configurabilità della fattispecie delittuosa in esame è, dunque, necessario che sussista il superamento della soglia quantitativa di 50 esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore abusivamente duplicate. Nel caso di specie, la Corte di appello ha affermato che, essendo stati rinvenuti 82 supporti, tra CD e DVD, contenenti programmi informatici duplicati, il delitto dovesse ritenersi pacificamente integrato.”
Ma, continua la Cassazione ” l’ 64-ter, comma 2 della legge n. 633 del 1941, attribuisce, “a chi ha il diritto di usare una copia del programma per elaboratore”, il diritto “di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l’uso”.
Il ricorrente aveva infatti documentato che in pochi casi vi fossero ( in fotocopia) alcune licenze.
Quindi” Sotto altro, connesso aspetto, la sentenza impugnata non ha adeguatamente puntualizzato, nonostante le censure dedotte in sede di appello, quanti e quali programmi, contenuti nei supporti sequestrati, non fossero coperti da copyright, anche alla luce di quanto riferito, all’udienza del 7/05/2012, dal teste, secondo cui non era stato verificato se, tra i programmi oggetto dell’accertamento, vi fossero effettivamente dei freeware.”
I Giudici di piazza Cavour hanno quindi rinviato alla Corte d’appello competente per una nuova decisione sul fatto.