Bitcoin e criptovalute il parere dell’Agenzia delle entrate

Gli obblighi dichiarativi relativi alle criptovalute sono stati oggetto di una risposta ad interpello da parte dell’agenzia delle entrate il 24 novembre  2021.
L’agenzia ha chiarito che le criptovalute, in presenza di particolari condizioni, debbano essere dichiarate nel rigo RW della dichiarazione annuale dei redditi ( quelli essenziale relativi alle consistenze estere assoggettate ad obbligo di monitoraggio) anche se non scontano il pagamento dell’imposta sui redditi finanziari esteri ( cd IVAFE).
L’Ivafe non si applica in quanto il reddito di riferimento della criptovaluta, se percepito da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, è soggetto ad imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 461 del 1997, nella misura del 26 per cento.
Quindi  le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi nel quadro RW del Modello Redditi – Persone Fisiche.
Quanto ai cd wallet l’agenzia ricorda che Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del Testo unico delle imposte
sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) costituiscono redditi diversi di natura finanziaria «le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c- bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente».
Ai sensi del comma 1-ter) del medesimo articolo 67 «Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire (Ndr 51.645,69 euro) per almeno sette giorni lavorativi continui».
Conseguentemente, le cessioni a termine di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni a pronti generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l’ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter. Agli effetti di quest’ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso.
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