Bitcoin è un prodotto finanziario atipico. Lo dice la Cassazione.

Bitcoin è un prodotto finanziario atipico. Lo dice la Cassazione.

di Fulvio Sarzana di S. Ippolito, Avvocato in Roma.

 

La Corte Suprema di Cassazione continua nella sua Giurisprudenza “creativa” in tema di criptovalute, confermando il suo orientamento

finalizzato alla repressione dell’abusivismo finanziario.

La V Sezione della Corte di Cassazione, in sede penale, ha emesso una sentenza a fine  luglio del 2024, nella quale ha collocato Bitcoin tra i prodotti finanziari atipici,  penalizzando quindi le condotte  degli intermediari non in possesso dei requisiti previsti dalla legge per l’offerta a distanza dei prodotti finanziari.

Afferma la Suprema Corte: ” L’art. 1 della Direttiva 2018/843/UE del 30 maggio 2018 definisce le valute virtuali come «una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente», precisando, al Considerando 10, che «sebbene le valute virtuali possano essere spesso utilizzate come mezzo di pagamento, potrebbero essere usate anche per altri scopi e avere impiego più ampio, ad esempio come mezzo di scambio, di investimento, come prodotti di riserva di valore». In linea con questa definizione, l’art. 1, lett. qq), d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, definisce la valuta virtuale come «la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente». Emerge con chiarezza dalle definizioni richiamate quella che attenta dottrina ha descritto come la dimensione proteiforrne della valuta virtuale, capace di presentarsi ora come mero mezzo di pagamento, ora come strumento finanziario. Questa prospettiva chiama in causa, in particolare, l’ampia nozione di valore mobiliare (art. 1, comma 2, TUF; All. I, Sez. C), per la quale a venire in rilievo è «il carattere finanziario dello strumento adoperato con caratteristiche tali da poter interferire sull’allocazione degli investimenti e del risparmio».

Ampia nozione, questa, speculare a quella di prodotti finanziari, definiti (art. 1, comma 1, lett. u), TUF) come «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria»: si tratta di una nozione “aperta”, come puntualmente messo in luce dalla giurisprudenza civile di questa Corte, quando ha sottolineato che, per un verso, la nozione di investimento di natura finanziaria comprende ogni conferimento di una somma di danaro da parte del risparmiatore con un’aspettativa di profitto o remunerazione ovvero di utilità, unita ad un rischio, a fronte delle disponibilità impiegate in un dato intervallo temporale e, per altro verso, la nozione di contratto di investimento costituisce uno schema atipico, che comprende ogni forma di investimento finanziario, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. u), TUF, riflettendo la natura aperta ed atecnica di “prodotto finanziario”, la quale rappresenta la risposta legislativa alla creatività del mercato ed alla molteplicità degli strumenti offerti al pubblico, nonché all’esigenza di tutela degli investitori, in maniera da permettere la riconduzione nell’ambito della disciplina di protezione pure delle operazioni innominate.”

Bitcoin è un prodotto finanziario atipico. Lo dice la Cassazione.