Corte di Giustizia UE: l’intermediario di servizi audio-video non deve pagare il copyright.

La SABAM belga ( corrispondente alla nostra SIAE) non ha fortuna con la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Dopo aver perso nel 2011  i leading case Sabam-Scarlet, nei quali la Corte di Giustizia ha chiarito che i provider non devono monitorare preventivamente, a fini di protezione del diritto d’autore, i contenuti che circolano sulle proprie reti, l’Associazione degli autori ed editori perde di nuovo di fronte all’Organo di Giustizia dell’Unione Europea.

Nella circostanza, la SIAE belga, chiedeva più di un milione di euro di diritti d’autore ad   un organismo di diffusione radiotelevisiva commerciale ( la società SBS),  che produce e commercializza programmi televisivi e li invia ai propri distributori,  sostenendo che  la stessa società, dovesse pagare il diritto d’autore in base al diritto di comunicazione al pubblico.

Per capire il perché della sentenza bisogna comprenderne l’ambito.

Nel quadro delle sue attività di radiodiffusione, la SBS gestisce varie reti televisive private commerciali in Belgio.

La sua programmazione comprende sia programmi di propria produzione, sia programmi acquistati da società di produzione e da fornitori di programmi nazionali e esteri.

La SBS trasmette i suoi programmi esclusivamente mediante una tecnica denominata «immissione diretta».

Si tratta di un processo in due fasi, con il quale la SBS trasmette i suoi segnali portatori di programmi ai suoi distributori, come la Belgacom, la Telenet e la TV Vlaanderen.

I distributori inviano, successivamente, detti segnali, eventualmente in forma criptata, ai loro abbonati affinché questi ultimi possano vedere i programmi sui loro apparecchi, se necessario con l’aiuto di un decodificatore messo a disposizione dal loro distributore.

A seconda del distributore interessato, i segnali sono trasmessi via satellite per la TV Vlaanderen, via cavo per la Telenet, o via linee xDSL per la Belgacom.

La Corte, ribadendo i suoi precedenti in tema di “comunicazione al pubblico” ( per esempio nel caso Svensson)  ha chiarito che, nel caso di utilizzo della tecnica di  “immissione diretta”, non devono essere pagati dalla SBS i diritti d’autore relativi alla comunicazione al pubblico di tali programmi.

La massima, redatta dalla stessa Corte è quindi che:  L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, deve essere interpretato nel senso che un organismo di diffusione radiotelevisiva non effettua un atto di comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, quando trasmette i suoi segnali portatori di programmi esclusivamente ai distributori di segnali, senza che detti segnali durante o a seguito di tale trasmissione siano accessibili al pubblico, e successivamente tali distributori inviano detti segnali ai propri rispettivi abbonati affinché questi possano guardare tali programmi, a meno che l’intervento dei distributori in questione costituisca soltanto un semplice mezzo tecnico, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

La sentenza è importante perché costituisce una  limitazione ai tentativi continui di allargare il concetto di comunicazione al pubblico di opere protette dal diritto d’autore.

La Commissione Europea sta intervenendo proprio in questi giorni sul diritto d’autore ed è proprio su questi temi  il campo di battaglia tra quanti, a contatto con le nuove tecnologie, vorrebbero modificare i concetti di riproduzione e di diritto di comunicazione al pubblico per non sfavorire la circolazione delle opere, e quanti invece vorrebbero estenderne, per ragioni meramente economiche, l’ambito.

@fulviosarzana